Etichette discografiche: servono?

Facciamo il punto. Le Major in Italia non riescono ad operare in modo adeguato. Si riducono a utilizzare talent-show, festival di San Remo e poco altro. Le case minori (quelle che venivano definite indipendenti), hanno raramente la forza finanziaria e organizzativa per imporre un prodotto nel circuito nazionale.

Preso atto di questa situazione, non dobbiamo (per reazione), prestare ascolto ai cattivi maestri che si nascondono in settori marginali del business musicale italiano che invano predicano il superamento delle case discografiche, incolpando lo strapotere della rete; gli “impietosi” tempi moderni; la crisi irreversibile del supporto fonografico.

Seguire il canto di queste sirene produce immobilismo; scarsa qualità generale; proposte inadeguate che intasano la scena senza apportare beneficio; arretramento del mercato e di conseguenza mancato sviluppo del pubblico che il mercato dovrebbe sostenere.

Che fare?

1) Evitare di credere che l’autoproduzione esecutiva sia la via più sicura per farsi largo nell’immenso bacino degli emergenti. E’ solo una possibilità per iniziare la scalata. Un piccolo biglietto da visita per farsi notare.

2) Evitare di credere che una registrazione casalinga possa essere uguale, se non migliore, di una effettuata in uno studio professionale.

3) Evitare di credere che un produttore artistico possa essere sostituito da un pur bravo fonico di fiducia o ancora peggio dalla buona volontà dei singoli musicisti.

4) Evitare di credere che un servizio fotografico promozionale possa essere risolto da quattro scatti fatti con l’ultimo portatile super accessoriato.

5) Evitate di credere che essere iscritti alla SIAE sia una perdita di tempo, o ancora peggio, di denaro (i diritti d’autore sono da tutelare, sempre).

6) Evitate di credere che una etichetta discografica, sia pur piccola, possa essere sostituita facilmente da un qualsiasi ufficio stampa (anche perchè l’etichetta discografica dovrebbe investire sul progetto creativo, l’ufficio stampa vive con il denaro del progetto creativo).

7) Evitare di cadere nella trappola che una label, sia pur piccola, possa essere bypassata con un simpatico profilo su Facebook o da dieci brani caricati su una piattaforma digitale qualsiasi.

8) Evitare di ritenere veritiere le classifiche di vendita o di ascolti. Le classifiche sono cose serie, ma rischiano di diventare poco credibili, visto che per l’area musicale non ci sono organi super partes che controllano a) la serietà dei soggetti che mettono in atto tali analisi b) i metodi di rilevamento da loro utilizzati c) i parametri che vengono utilizzati per ottenere i risultati finali.

9) Evitare di credere che una manciata di belle recensioni possano cambiare la vostra vita artistica. In realtà, oggi come oggi, quelle recensioni rischiano di essere lette solo da voi e dai vostri amici.

In pratica: non perdetevi. Tenete a debita distanza coloro che titillano il vostro ego “mostruoso”, facendovi supporre che la chiave del successo sia solo nelle vostre mani. In realtà voi dovreste mettere la creatività, altri (quelli giusti) aggiungere il resto: per amplificare il messaggio e aggredire il mercato.

Ricordatevi, non siete gli invincibili protagonisti di una saga fantasy inedita. Uscite dall’enorme parcheggio di talenti mummificati dove vi hanno imprigionato con consigli viziati e indicazioni improvvisate.

Seguite in libertà la vostra arte e se proprio volete tentare di sfruttare la vostra creatività (scelta non obbligatoria) cercate di riporre ascolto e fiducia nei fatti, cercando di trovare collaborazione ed appoggio presso strutture serie, che possano amplificare il vostro messaggio (se di qualità).

E ricordatevi sempre che gli obiettivi non si raggiungono mai troppo facilmente. Non aspettatevi miracoli per favore. Non sono nostra competenza.

Giulio Tedeschi, Torino, mercoledì 7 novembre 2013, ore 15,35