Luciano Lo Casto, cantautore napoletano dalle lontane origini
siciliane. Una voce alla Tom Waits imprigionata in una mole
considerevole. Alle spalle, un repertorio di oltre 300 brani.
Un interessamento dell’inglese Epitaph finito nel vuoto. Una
partecipazione a vari premio (Tenco, De Andrè). Una manciata
di contest marginali alla conquista di piccoli riconoscimenti
in denaro. Collaborazioni con un pianista da leggenda, Teo
Ciavarella e sfuggenti divisioni di palco con personaggi come
Ares Tavolazzi e Ellade Bandini.
Frequenta il conservatorio e in modo molto originale la
parigina Sorbone.
Dopo, un romantico soggiorno a Barcellona e un interminabile
ritorno in Italia al seguito di un circo gestito da una patriarcale
famiglia di gitani (dove, tra uno spettacolo e l’altro, gli vengono
impartiti i segreti della fisarmonica e affascinanti canti della
tradizione nomade) decide di entrare in studio. Allo sbaraglio.
Per registrare un album ancora inedito ricco di pathos noir con
la collaborazione, nel brano “Vestita a fumo”, di Erriquez dei
Bandabardò.
L’incontro a Torino, nell’agosto dello stesso anno (il 2013) con
Giulio Tedeschi e un ritorno notturno a Napoli a tutta velocità,
che gli costa il ritiro della patente.
Un contratto con Toast Records nel gennaio del 2014 e una
post produzione al master del debutto discografico da parte
di Giulio Tedeschi nella primavera dello stesso anno.