PUNTO ZERO: infinita polaroid sonora (1990/2013)

Io non ho particolari talenti. Sono solo appassionatamente curioso (Albert EINSTEIN)

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PUNTO ZERO, praticamente l’unico esperimento di audiorivista indipendente a diffusione nazionale (se escludiamo il tentativo di Independent Music ad inizio anni zero durato lo spazio di pochi mesi). Fu progettato a fine anni ’80, a coronamento di un decennio che buona parte delle scena musicale italiana aveva speso oscillando tra conformismo cieco in rapporto a modelli dettati dalla scena creativa internazionale e arrivismo provinciale, espresso con forza dalla nascente onda di operatori del settore.

In realtà, bisogni culturali seri erano presenti da qualche parte in quel grigio periodo. Certe curiosità furono ben incarnate dalla Toast Records, nata a Torino nella primavera del 1985 sulle ceneri di un’altra gloriosa esperienza, la Meccano Records. Il nome dell’audiorivista riprende il titolo italiano del road movie “Vanishing Point” del 1971, diretto da Richard C. Sarafian.

Il successo di PUNTO ZERO si spiega facilmente, considerando che l’idea di un immenso archivio di musica alternativa aggiornato in tempo reale e diffuso capillarmente nel circuito underground nazionale fu da subito vincente in quel periodo di transizione tra il tramonto dell’era analogica e la gloriosa alba della net-revolution, quando l’aggiornamento non era ancora “istantaneo” come ai giorni nostri.

L’audiorivista, diretta sin dagli esordi da Silvano Silvi per la parte giornalistica, da Giulio Tedeschi per le scelte musicali (coadiuvato in fase di montaggio e masterizzazione da Gigi Guerrieri) e nei primissimi tempi da Massimo Setteducati per tutto il settore fotografico, si presentò subito con un taglio grafico e sonoro inedito e particolare.

Un foglio informativo zeppo all’eccesso di interviste, appunti critici, interventi, recensioni, foto. Il tutto allegato ad un album in vinile, montato con criteri non tradizionali, anzi in alcuni casi molto audace per i tempi e perché no, rischiosamente azzardato per scelte artistiche che si discostavano volutamente dai trend modaioli dell’epoca.

In pratica, un gioco alchemico di parole e musica che andava a contaminare con destrezza generi e messaggi apparentemente lontani, facendoli poi coesistere in armonia, nel medesimo contenitore.

Si evidenziarono da subito le tante finalità del progetto e in particolare il desiderio di creare uno strumento agile e nel contempo non banale, per tradurre i continui, convulsi e molte volte illeggibili stimoli provenienti dalla scena musicale alternativa. Il tutto proposto ad un prezzo di copertina molto economico.

Il primo vero numero di PUNTO ZERO viene, con immediato riscontro di pubblico e critica, pubblicato e distribuito da Toast nella primavera del ’90. In copertina, uno scatto fotografico di Massimo Setteducati che ritrae, in rigoroso bianco e nero, Oskar Giammarinaro degli Statuto intento a registrare “Senza di lei”, nella penombra degli studi Minirec di Torino.

L’esperienza editoriale dura sei anni, con 25 numeri prodotti (l’ultimo dei quali pubblicato, per errori redazionali, in tiratura limitata ed
esaurito in pochissimi giorni) ed oltre 100 proposte sonore italiane presentate.

Nella sua globalità, possiamo considerare PUNTO ZERO una vera e propria banca dati con regolare aggiornamento stagionale (l’audiorivista veniva pubblicata 4 volte l’anno: primavera, estate, autunno, inverno).

Un ricco mosaico che ha raccolto di tutto (escluso il nascente ital-rap). Calcano i solchi vinilitici di PUNTO ZERO nomi molto noti (Gang, Statuto, YoYoMundi, Marlene Kuntz, Afterhours. etc.); tasselli fondamentali per la comprensione del rock italico (Kirlian Camera, Pankow, Go Flamingo, Incontrollabili Serpenti, Barbieri, etc.); “personaggi” (Paul Chain, Marziano Fontana, Max Casacci, Wainer Nadalini, Sandro Oliva, Theo Theardo, il poeta contadino Ottorino Ferrari, etc.), progetti sonori di forte significato (Klasse Kriminale, Kryptastesie, Sigillum S, etc.); culti sotterranei (Eazycon,No Strange); proposte eccentriche (Francois e le Cocccinelle, Figli di Guttuso, Le Scimmie e la luna, etc.), lingue e dialetti diversi (italiano, spagnolo, francese, arabo, piemontese, sardo, calabrese, etc.). Toccando praticamente tutte le possibili sfumature sonore riconoscibili nel panorama contemporaneo (pop, psyco, ambient, beat, industriale, combat, garage, oi, dance, blues, dark, hard, wave, punk, etno, demenziale, grunge, folk, gothic, r&r, rumorismo, ska, etc.).

Nel corso degli anni PUNTO ZERO si arricchì di proposte informative parallele che presero, di volta in volta, forme diverse.

Dischi 45 giri: quello dedicato ai Taken to the Bottle allegato a PUNTO ZERO 5/6 e quello dei Sinnerdolls accluso a PUNTO ZERO 11/12. Un intero album di psichedelia (“Apocalisse di Diamante”, gemellato con PUNTO ZERO 9/10). Una facciata completa di PUNTO ZERO 15 dedicata all’area Blues (“Blues City”,secondo capitolo della compilation omonima uscita qualche tempo prima sempre per la Toast). Inchieste sonore rivolte a scene locali: Faenza (PUNTO ZERO 16/17), Ferrara (PUNTO ZERO 18/19/20), Sardegna (PUNTO ZERO 24/25). Uno special costruito intorno ai gruppi prodotti artisticamente da Paul Chain nel suo studio di Pesaro (PUNTO ZERO 13/14); persino un mini/libro dedicato ad una brevissima storia del rock in Italia (“Toccatevi l’amore è cieco”, PUNTO ZERO 13/14).

Essenziale ricordare la carica fortemente critica che ha continuamente animato il settore informativo dell’audiorivista (i collettivi redazionali erano situati a Torino, Genova, Bologna, Roma, Potenza, Cagliari, Imperia): una pungente (a volte volutamente irritante) analisi. Mai fine a se stessa. Arricchita da malcelate provocazioni dirette specialmente verso lo stagnante ambiente degli operatori del settore, noto per il suo atteggiamento cauto e tradizionalista.

PUNTO ZERO in tutti questi anni è diventato un piccolo, piacevole, persino utile oggetto di culto. Amato e coccolato da tutti coloro che hanno ritenuto opportuno utilizzarlo e frequentarlo con regolarità e ai molti fans nascosti in svariate parti del mondo, come Germania, Giappone, Canadà.

Per chi ha buona memoria,ricordiamo che il lavoro di selezione, documentazione e ricerca condotto da PUNTO ZERO è paragonabile al progetto dei mitici Dischi del Sole che negli anni ’60 furono giustamente considerati la maggiore testiminianza della musica popolare italiana del dopoguerra.

Purtroppo l’aumento delle spese collegate alla produzione di vinile (che impediva di fatto la possibilità di mantenere il prezzo di copertina a livelli commerciali) e la difficoltà per il vecchio formato disco di trovare adeguato spazio nei punti vendita, obbliga la Toast a chiudere a fine ’96 la prima serie, dando vita progettualmente, dopo un certo periodo di studio, ad una edizione digitale che avrebbe dovuto prendere il volo nel primo semestre del 2000. Purtroppo il tentativo rimase in cantiere, senza prendere vita realmente.

Non abbiamo perso le speranza di rivedere tra noi PUNTO ZERO: attendiamo pazienti, e se sarà il caso, avremo modo di festeggiare.